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Alla scoperta dei menhir di Sardegna: storia, tra miti e leggende

Testimoni di un'epoca di grandi scultori, ad essi è dedicato il Museo di Laconi

Menhir museo Laconi - Foto Ramona
Il Menhir Museum di Laconi

Oristano

Testimoni di un’epoca di grandi scultori, ad essi è dedicato il Museo di Laconi

In Sardegna vengono chiamati “perdas fittas”, pietre conficcate: dopo migliaia di anni, i menhir continuano a custodire i loro misteri, collegando la nostra realtà  a un passato fatto di mitici guerrieri e al loro mondo ultraterreno capovolto.

Massi alti, quasi volessero toccare il cielo con la loro sommità di pietra levigata da antiche mani, stupiscono con i volti di uomini arcigni armati di pugnali e di donne donatrici di vita, ma anche con motivi densi di significati dimenticati. Sono sparsi in tutta Europa e con forza e fierezza sono sopravvissuti allo scorrere del tempo e alle vite degli uomini che volevano cancellarli dalla storia.

Su tutta l’Isola questi particolati megaliti sono circa 740 e hanno trovato dimora su altopiani, tra i campi, nelle foreste, nelle valli e nelle dieci sale del Menhir Museum di Laconi, unico nel suo genere in Sardegna.

Il museo

Ospitato tra le mura del Palazzo Aymerich, dimora storica dei marchesi del borgo, il Museo della Statutaria Preistoria in Sardegna, questo il nome completo, offre la possibilità di ammirare i quaranta menhir prevenienti da diverse località di Laconi e Samugheo (qui un viaggio tra le sue meraviglie), dall’altopiano Pranu Orisa di Allai e dal territorio di Villa Sant’Antonio.

Menhir museo Laconi -  Foto Ramona
Alcuni reperti del Menhir Museum

Passeggiando tra le sale ci si ritroverà al cospetto di queste imponenti pietre scolpite, le cui incisioni hanno portato gli archeologi a suddividerle in statue maschili e femminili. Nelle prime, a osservare dall’alto i visitatori, sono dei volti, con tanto di nasi, sopracciglia e a volte degli occhi accennati. Poco sotto affascina il “capovolto”, un uomo raffigurato a testa in giù probabilmente nell’atto del trapasso dalla vita terrena al mondo dei morti, concepito dagli antichi come, appunto, capovolto, rispetto a quello dei vivi.

Poco sotto, ad aiutare questi giganti nella guardia ai territori vegliati per millenni, un appuntito pugnale, nel tentativo di mantenere vivo il ricordo delle gesta eroiche dei mitici guerrieri del passato diventati quasi  divinità.

A fare da controparte a queste figure così virili, dei menhir più piccoli, i cui seni, e spesso le acconciature dei volti, fanno da rimando all’universo femminile. Tra i reperti un caso molto particolare, ovvero il menhir Piscina ‘e Sali III di Laconi: sotto i seni, è stata raffigurata la cornice di una porta. Sono due i significati che vengono in mente: l’ingresso verso il regno dei vivi o quello al mondo dei morti. La natura di questo mitico uscio rimarrà un mistero.

È possibile fare un tuffo nel mondo dei megaliti del Menhir Museum dal martedì alla domenica: durante la bella stagione dalle 10 alle 13 e dalle 15,30 alle 19; mentre nei mesi invernali dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18.

Salendo al primo piano del palazzo in stile neoclassico, lasciandosi alle spalle i volti dei menhir, si potrà passeggiare per la “galleria”, undicesima sala del museo, che ospita reperti e materiali rinvenuti nei siti archeologici funerari megalitici del suggestivo paese di Laconi.

Gioiello dell’Oristanese, Laconi stupisce con la sua storia e bellezza. Tra le tappe imperdibili quella al polmone verde del borgo, il parco Aymerich, che custodisce tra i suoi monumentali alberi, orchidee e suggestive cascate, le rovine dell’antico castello. Oltre alle bellezze naturalistiche e archeologiche, è possibile percorrere il lungo percorso devozionale tra le vie del borgo sui passi di Sant’Ignazio da Laconi, uno dei santi più amati in Sardegna, i cui festeggiamenti, a fine agosto, richiamano migliaia di fedeli da tutta l’Isola, che possono fare tappa alla chiesa a lui dedicata, condivisa con Sant’Ambrogio, e nella sua casa natale.

I menhir dell’Oristanese

Rimanendo nella provincia di Oristano, ma uscendo dalle mura del museo, non è certamente difficile trovare altri esempi di questi reperti provenienti dal passato megalitico della Sardegna.

Se tre sono in mostra a Laconi, nel sito di Pranu Orisa ad Allai è ancora possibile ammirare un numero cospicuo di menhir di tante forme e colori, grazie alla trachite, arenaria bianca e porfirite scura dei quali sono costituiti. Tra le altre bellezze del piccolo centro è possibile scoprire i coloratissimi murales che decorano le case di Allai, la chiesa dello Spirito Santo e la particolare casa sull’albero, diventata ormai un set per gli scatti dei tanti visitatori.

Spostandosi verso la Marmilla, svetta verso il cielo di Villa Sant’Antonio il menhir di Monte Corru Tundu, uno dei più grandi della Sardegna. Affusolato e con una faccia spianata e una arrotondata, non è unico nella sua zona, dal momento che nelle sue vicinanze, presso la necropoli di Is Forrus se ne possono ammirare degli altri più piccoli a guardia delle tombe. Tra le altre bellezze archeologiche del paese, anche  le numerose domus de janas di Genna Salixi.

I menhir di Sorgono e Mamoiada

A Sorgono, si potrà percorrere il “sentiero delle teste”, traduzione di Biru ‘e Concas, uno dei più suggestivi raggruppamenti di menhir di tutto il Mediterraneo.

Noto come la “Stonehenge sarda”, il sito è immerso  nei boschi del Mandrolisai e conta circa duecento megaliti disposti in appena cinque ettari: questi sono più o meno decorati, isolati, disposti in coppia, in gruppi di tre, in circolo o addirittura a formare delle lunghe schiere.

Alcune di queste statue giacciono a terra in direzione del tramonto o, purtroppo, sono state spezzate durante la guerra santa, ingaggiata da Gregorio Magno nella cristianizzazione della Sardegna. Non è  un caso, forse,  la presenza a poca distanza del santuario di San Mauro, eretto probabilmente nel tentativo di eliminare i culti millenari degli idoli di pietra.

Importante centro del Mandrolisai, Sorgono ogni anno dà bella mostra di sé in occasione della festa de sa Innenna, inserita tra gli appuntamenti di Autunno in Barbagia. Ricco di sentieri, bellezze naturalistiche e monumenti, come la Casa Carta, la casa-museo Serra e il museo del legno, stupisce con il Mandrolisai, vino a denominazione di origine controllata.

Trovata per caso durante dei lavori nel giardino di una casa di Mamoiada, la Stele di Boeli, o Pedra Pintà (pietra decorata) veglia, invece,  sugli abitanti e visitatori nella periferia del borgo della Barbagia di Ollollai, anche se si pensa che in origine avesse dimora in un villaggio neolitico a poca distanza dal centro abitato

Alta quasi tre metri e larga più di due, presenta particolari decorazioni a cerchi concentrici, che fanno domandare quale sia il loro significato. Una celebrazione delle divinità acquatiche o della Dea Madre? La rappresentazione dei cerchi lasciati dai sassi lasciati sulla superficie dell’acqua con la loro caduta? Il menhir continuerà a serbare i suoi misteri.

Celebre per le maschere dei Mamuthones e degli Issohadores, apre le sue porte ai visitatori ogni anno in occasione di Autunno in Barbagia. Oltre alle specialità gastronomiche, come i formaggi e le dolcissime orulettas, spicca la maestria degli artigiani del legno con le viseras, esposte nel Museo delle maschere mediterranee, che offre un approfondimento sulle tradizioni isolane e del borgo insieme al Museo della cultura e del lavoro.

Il Parco di Pranu Muttedu

A pochi chilometri dal centro abitato di Goni, lungo la provinciale per Cagliari, si estende per 200 mila metri quadri uno dei siti archeologici più importanti dell’Isola: il parco di Pranu Muttedu.

Monumento all’aperto alla cultura prenuragica, il sito si divide in più zone: in località su Crancu la fanno da padroni i resti della necropoli, mentre a Pranu Muttedu e Nuraxeddu i sepolcreti sono attorniati da sessanta menhir, in coppia, allineati o direttamente dentro le tombe a guardia dei defunti ormai dimenticati.

Immerso in un folto bosco di querce secolari profumato dalla macchia mediterranea, offre la possibilità di ammirare le tombe disposte in centri concentrici e delle domus de janas.

Il parco è visitabile tutti i giorni dalle 8,30 alle 18 secondo l’orario invernale, mentre nel periodo estivo dalle 8,30 alle 20. Nel biglietto di ingresso al parco è compresa la visita guidata, disponibile anche in inglese, francese e tedesco.

Tra le bellezze di Goni, piccolo borgo della valle del Flumendosa, non spicca solo il parco: suo omonimo un meraviglioso nuraghe ben conservato, che offre una bella vista sul lago Mulargia.

Tra miti e leggende

Se per le civiltà che li hanno scolpiti i menhir erano ammantati di un’aura di divinità, nel corso dei secoli intorno a queste alte pietre decorate sono nati racconti popolari che hanno lasciato spazio alla profanità.

Un esempio sono i menhir di Sant’Antioco (isola ricca di meraviglie: qui qualche esempio),nella zona di  Is Loddis – proprio sull’istmo che collega il Sulcis all’isola – chiamati Su Para e Sa Mongia, ovvero “il frate e la suora”: secondo la leggenda, queste grandi sculture sarebbero una coppia di monaci innamorati pietrificati a causa della loro fuga peccaminosa.

A unire Villaperuccio, Morgongiori e Simala è, invece, la figura mitologica di Luxia Arrabbiosa. Secondo le leggende popolari di Villaperuccio (qui un viaggio tra le sue bellezze) sarebbe stata proprio la gigantessa Luxia, delle genti costruttrici di nuraghi, a creare il menhir di Monte Narcao, mutilato da un filmine e a lei dedicato.

Si dice infatti che questa donna avesse il compito di portare questo immenso masso fino a Sant’Antioco per costruire un ponte di collegamento con la terraferma. Arrivata sul posto, vide l’opera già edificata, perciò con furia scaglio per aria la pietra, che andò a conficcarsi dove si può ammirare tutt’ora.

Le leggende su Luxia Arrabiosa di Simala e Morgongiori sono legate, invece, alla località Prabanta. Qui viveva la bella fata Luxia: un giorno venne notata da un fauno, che se ne invaghì perdutamente. Nonostante il rifiuto, il fauno strinse brutalmente a sé la fata, che invocando le divinità riuscì a uccidere l’aggressore colpendolo con un attizzatoio. Questo si conficcò nel terreno dando origine al manhir “Su Fruccoi di Luxia Arrabiosa” di Morgongiori, ricca di storia da scoprire qui.

La figura di Luxia è nota anche nei territori di Simala (qui tutte le sue bellezze), tanto che la coppia di menhir “Sa Turra e sa Cullera” (il mestolo e il cucchiaio), sarebbero gli utensili utilizzati dalla fata.

[In collaborazione con l’Assessorato al Turismo della Regione Sardegna]

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Venerdì, 1° settembre 2023

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