Ecco cosa accade al confine con l'Ucraina sconvolta dalla guerra: il drammatico reportage di Diego Barbacini - LinkOristano
Reportage

Ecco cosa accade al confine con l’Ucraina sconvolta dalla guerra: il drammatico reportage di Diego Barbacini

Donne e bambini cercano la salvezza, camminando per ore sotto il freddo e il gelo. I tanti volontari impegnati nell'accoglienza

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Qualche pupazzo per far sorridere un bambino in fuga con la mamma. Foto di Diego Barbacini

di Diego Barbacini
da Hrebenne, Polonia

Il flusso di rifugiati che fuggono dalla guerra in Ucraina verso la Polonia continua incessante da diversi giorni. Il governo polacco ha registrato 700.000 ingressi di profughi che dal 24 febbraio sono partiti dalla loro terra in cerca di una sicurezza sempre più impossibile in Ucraina. Sono autorizzati a lasciare il paese solo le donne e bambini, assieme agli uomini oltre i 60 anni: ma di anziani non se ne vedono al posto di frontiera dove sono arrivato da qualche giorno. Sembra davvero che tutti gli uomini siano rimasti in patria per difenderla dall’aggressione russa.

Qui al posto di frontiera di Hrebenne, a soli 80 km da Leopoli, la più grande città dell’Ucraina occidentale, la comunità distrettuale, delegata per l’organizzazione della risposta alla crisi, ha disposto un primo centro di accoglienza a pochi metri dalla linea di confine. Decine di volontari, in gran parte provenienti dalle cittadine vicine, si alternano giorno e notte per offrire cibo caldo e vestiti asciutti a quelli che ne hanno bisogno. Un continuo viavai di macchine private e pullmann governativi trasferisce poi una parte dei profughi verso altre destinazioni.

I più fortunati aspettano qualche ora che familiari e amici (in Polonia esisteva già prima della guerra una numerosissima comunità ucraina) vengano a prenderli per portarli altrove in Polonia. I meno fortunati, quelle persone nei cui occhi si legge vero smarrimento, sono indirizzati verso i centri di accoglienza organizzati nelle scuole e alberghi delle cittadine vicine.

“I rifugiati attraversano la frontiera con un trolley e qualche sacchetto di plastica, niente di più. Hanno lasciato dietro di sé tutta la loro vita”,  dice Kasia, polacca, una volontaria che è arrivata da Dublino dove vive da 15 anni. “Non potevo restare a guardare mentre un popolo simile al mio è messo a ferro e fuoco”.

Sono le stesse parole sentite nella voce di tutti i volontari che individualmente o parte della Caritas e dei Cavalieri di Malta sfidano il freddo gelido per aiutare gli altri.

Durante il pomeriggio, 8 pulmini di una organizzazione tedesca sono arrivati al confine per scaricare derrate alimentari e vestiti e per portare in Germania i rifugiati. Continuamente privati cittadini si offrono di trasportare donne e bambini verso altre città.

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Un pasto caldo per chi scappa dalla guerra. Foto di Diego Barbacini

Molta polizia circola tra i profughi per garantire la sicurezza e evitare violenze sulla popolazione Ucraina, bersaglio nei giorni passati, nella città di Przemysl, di attacchi verbali da parte di una minoranza di nazionalisti polacchi. Ma la polizia, questa volta in borghese, controlla anche in maniera discreta, ma decisa, che eventi più gravi succedano per mano di falsi tassisti.

Il confine è aperto 24 ore su 24 e qui la temperatura scende di parecchi grado sotto lo zero. Nella notte, decine di donne con in braccio bambini infreddoliti entrano in Polonia e la prima richiesta è di avere pannolini puliti ed un posto caldo e sicuro dove cambiare i bimbi. Il tempo di attraversamento della frontiera è meno lungo rispetto ai primi giorni ma è sempre di 20 a 30 ore.

L’immagine di una madre esausta che alle 2 di mattina spinge un passeggino con un bimbo di pochi mesi, mentre porta sul petto un altro bimbo e con solo qualche sacchetto di plastica come bagaglio è straziante e purtroppo molto comune. “Ho camminato più di tre chilometri per arrivare alla frontiera, e sono felice di essere salva”,  mi dice con voce stanca ma ferma.

La solidarietà fra i rifugiati ha dell’incredibile: ad una donna sono stati affidati a Kiev due bambini di 7 e 10 anni da un uomo che è rimasto in patria per combattere. Passata la frontiera dopo un viaggio nei treni organizzati per evacuare la città, ha aspettato per ore che la madre dei bimbi venisse a prenderli, partendo da Varsavia e attraversando tutta la Polonia.

È questo che mi rimarrà più impresso nella memoria di questi giorni in cui sono stato io stesso volontario al posto di frontiera di Hrebenne: la solidarietà e la dignità di un popolo che dimostra una forza d’animo fuori dal comune ed una volontà ferrea di continuare a vivere in una democrazia.

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Diego Barbacini

Diego Barbacini, 48 anni, appassionato viaggiatore originario di Oristano, da 23 anni vive a Dublino. Dopo aver lavorato per società come Microsoft e Oracle, Diego è oggi finance director per la ICON plc, una società multinazionale specializzata in ricerche cliniche.

Sabato, 4 marzo 2022

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