"Vaccinazioni a rilento in Sardegna senza i medici di base" - LinkOristano
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“Vaccinazioni a rilento in Sardegna senza i medici di base”

Agus (Progressisti) chiede all'assessore Nieddu di non perdere altro tempo

“Vaccinazioni a rilento in Sardegna senza i medici di base”
Agus (Progressisti) chiede all’assessore Nieddu di non perdere altro tempo

«Senza il supporto dei medici di base non sarà possibile vaccinare tutti i sardi secondo le scadenze annunciate dal presidente Solinas e dall’assessore alla Sanità». Francesco Agus, capogruppo dei Progressisti in Consiglio regionale, sollecita la chiusura dell’accordo tra Regione e Fimmg, perché «solo con il coinvolgimento dei medici di famiglia la campagna vaccinale in Sardegna sarà pienamente operativa».

Secondo i Progressisti «non si può perdere altro tempo: il rischio è quello di gettare al vento i risultati raggiunti in termini di rallentamento della diffusione del virus grazie all’impegno delle cittadine e dei cittadini sardi. Non ci si può sedere su dati che restano ancora incoraggianti, serve mettere in campo tutte le soluzioni possibili per velocizzare la somministrazione delle dosi che abbiamo a disposizione».

«La sensazione netta», continua Agus, «è che ancora una volta il presidente della Regione sia più attento agli annunci sulla stampa che ai fatti concreti. In 12 regioni i medici di medicina generale sono impegnati anche sul versante vaccini, con risultati evidenti e in costante crescita. Nel Lazio, a esempio, sono oltre 25.000 le vaccinazioni effettuate dalla categoria, con 1384 medici coinvolti. In Toscana sono in prima linea sin dalle prime fasi e hanno consentito di contattare gli ultraottantenni senza ricorrere al sistema fallimentare degli sms”.

Francesco Agus

“In Sardegna non arrivano risposte alle richieste, comprensibili, dei medici di base. Si è perso oltre un mese: avevamo proposto un primo incontro in Commissione Sanità già in gennaio, proprio per fare in modo che tutto fosse pronto per l’avvio della fase 1 della campagna. L’assessore disse che si sarebbero dovute aspettare direttive nazionali. Quelle sono arrivate, 12 regioni si sono già attivate, mentre noi siamo ancora al palo: in questa situazione anche i pazienti cronici rischiano di dover aspettare ancora. Serve parlare meno e lavorare di più».

Giovedì, 11 marzo 2021

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