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“Al Pronto soccorso di Oristano gravi rischi per pazienti e operatori”

La denuncia della Cimo parla di turni sguarniti e medici senza protezioni adeguate

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“Al Pronto soccorso di Oristano gravi rischi per pazienti e operatori”
La denuncia della Cimo parla di turni sguarniti e medici senza protezioni adeguate

“Nel Pronto soccorso di Oristano non pare sia data adeguata assistenza ai pazienti ricoverati e gli stessi operatori sanitari sono esposti a forti rischi”. Una drammatica situazione in cui “i medici sono lasciati soli, senza che neppure una volta chi di dovere sia mai passato a valutarla.”

È un duro atto d’accusa quello che arriva dalla segreteria aziendale della Cimo, il sindacato dei medici ospedalieri, che chiama in causa i vertici regionali e locali della sanità.   

In una articolata nota firmata dal responsabile Giampiero Sulis, si descrivono le gravi criticità in cui si trovano a operare gli operatori del Pronto soccorso del San Martino, che – già in difficoltà a causa delle croniche carenze di organico –  da circa 20 giorni è dedicato unicamente al ricovero di pazienti affetti dal Covid.

Un impegno che, a causa delle previste ulteriori assenze di personale, dai prossimi giorni è destinato a vedere in campo appena sette medici a fronte di 16-18 pazienti ricoverati, alcuni con sintomi abbastanza gravi.

Da qui la previsione di turni in cui “ci sarà un solo collega in servizio a fronteggiare la difficile situazione del PS, determinando un pericoloso aumento del rischio clinico”. In parole povere : si profila un grave pericolo per i pazienti ricoverati, destinati a non ottenere una adeguata assistenza medica. Una situazione resa più difficile anche perché  “nessuno ha definito percorsi per eventuali urgenze che giungano in PS, e che abbiano bisogno di eventuali consulenze”.

Da aggiungere che a causa dell’alto numero di pazienti, in gran parte sistemati in barelle anziché in un letto, nei locali del Pronto soccorso non sono più disponibili spazi  “puliti” e così gli operatori sono costantemente esposti al possibile contatto con il virus, in aperto contrasto con le disposizioni che indicano come il contatto con il paziente positivo e quindi il virus debba essere limitato il più possibile per evitare il diffondersi della malattia.

Nè “è disponibile un impianto a pressione negativa (anche questo fortemente raccomandato da tutte le disposizioni) ma nemmeno qualche semplice ventola alle finestre che determini un flusso d’aria prevalente verso l’esterno, cosa che alleggerirebbe il carico virale all’interno del reparto riducendo le possibilità di contagio”.

In questo drammatico contesto, secondo la denuncia della Cimo, è di particolare gravità la carenza di dispositivi di protezione. “Mancano i guanti e i calzari (con il personale costretto a comprarsi gli stivali di gomma, da disinfettare ) e tute di isolamento in via di esaurimento e centellinate o addirittura sostituite con altre non a norma “. 

Nella nota si ricorda anche la situazione del reparto Covid del San Martino, dove con 10 posti letto operano 8 medici, e  l’annunciata apertura del reparto Covid di Ghilarza, che prevede 15 degenti ma non può ancora contare su un numero sufficiente di medici.

“Inutile sottolineare quanto è stato fatto dagli operatori tutti”, conclude la nota della Cimo. “Medici, infermieri ed oss in queste ultime lunghissime giornate di lavoro si devono far carico di questa emergenza senza avere nessuna preparazione specifica che peraltro non si è pensato di fare neppure in tutto il tempo intercorso tra una ondata e l’altra della pandemia” .

Venerdì 6 novembre 2020

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