"Nuotavo nel grano". Il secondo libro di Marcello Atzeni, con sessanta racconti - LinkOristano
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“Nuotavo nel grano”. Il secondo libro di Marcello Atzeni, con sessanta racconti

Presentazione a Baradili, prossimamente a Oristano

Marcello Atzeni

“Nuotavo nel grano”. Il secondo libro di Marcello Atzeni, con sessanta racconti
Presentazione a Baradili, prossimamente a Oristano

“Nuotavo nel grano”. Come se fosse possibile farsi il bagno tra le spighe. Per Marcello Atzeni, 54 anni di Baradili, sì, tanto che ha scelto questo titolo per il suo secondo libro che segue il primo, “Il miglio deve ancora venire”, entrambi pubblicati da Sandi edizioni, una piccola casa editrice che ha sede a Ortacesus, in Trexenta.
Il primo libro parlava di aforismi, giochi di parole e quant’altro. Il secondo, da pochi giorni in distribuzione, contiene sessanta racconti, molti ispirati dalla vita nei campi. Racconta di un passato che a volte appare remoto, a volte assai vicino. Miglio e grano. D’altronde un agrotecnico (e biologo), anche se ha sempre fatto il giornalista, di cos’altro avrebbe dovuto parlare?  “Bello questo paragone, meglio questa vicinanza botanica. Giuro che non ci avevo mai pensato- dice Marcello Atzeni-. Mi fa sorridere. Magari, inconsciamente l’ho pensato. Forse in un sogno? Non lo so”.

Sessanta racconti, quasi tutti brevi. Come Carver.
“Quindi devo ridere, non basta sorridere. Quando ho iniziato a scriverli, un amico carissimo, Sergio Naitza, ha citato proprio Carver. Sia chiaro, per la brevità dei testi. Racconti molto brevi, questo, per ora, è il mio modo di raccontare. Anche se alcuni racconti hanno un respiro più ampio, come “Fùbulla” o “Tzarapadderi”. Parlo anche di calcio. Chi mi conosce bene, sa che è una mia grande passione. Ho scritto tanto, tante cronache per un quarto di secolo, parlo di formazioni dilettanti. Ho giocato, senza mai appartenere a una società e ho letto. Tanto. “Fùbulla” era il nome con il quale, almeno in certi paesi della Sardegna, verso gli anni cinquanta, veniva chiamato il calcio.”Fùbulla”? Una storpiatura di football.”

Nel libro mescola il sardo con l’italiano. Perché questa scelta?
“Mi diverte. L’ho fatto sin da bambino, nel parlato intendo. Poi ho provato a scrivere in questa maniera e ho visto che diverse persone apprezzavano. Così mi sono deciso ad andare avanti. Alcune persone mi parlano di Cammilleri. Mi piace molto il suo modo di scrivere, di raccontare. Ma Cammilleri era Cammilleri!”.

Una bella prefazione di Giacomo Mameli.
“Sì, imponente e maestosa. Come lo fu quella di Maria Paola Masala, per il libro precedente. Ho scritto per oltre trent’anni su “L’ Unione Sarda”. Da molti giornalisti de ”L’Unione”, ho imparato tante cose. Mi viene in mente Gianni Perrotti, scomparso qualche anno fa. Lui è stato il mio primo maestro in assoluto. E non me lo scordo”.

Ci parli delle sue passioni.
“Sono tante. Il cinema, la musica dei cantautori, quella dei gruppi inglesi, ma anche quella strumentale. Il cinema, lo sport, mi appassionano molte discipline. Dopo il calcio segue a ruota il ciclismo. E i viaggi. Anche se negli ultimi anni sono stati assai pochi”.

Prima Baradili, poi Sanluri.
“A Baradili ci sono nato e vi ho vissuto sino ai quindici anni. Sino al tre gennaio 1981. Da allora sono a Sanluri, dove peraltro era nato mio nonno Antonio Urpi. Cognome singolare. Arriva dalla Catalogna. Sanluri è, tra le altre cose, un paese che ha dato i natali a diversi personaggi illustri. Alcuni non sono nati a “Seddori”, ma con origini, sì. Tipo Giuseppe Saragat, presidente della repubblica. Suo padre era nato a Sanluri.”

La prima presentazione è stata a Baradili. Quelle che verranno?
“Non so ancora in che ordine ma, Sanluri, Laconi, Oristano, Carbonia e altre. Naturalmente Cagliari. Città alla quale sono legato sotto molti punti di vista. Anche universitari”

E domani, ci sarà un ritorno allo sberleffo? Agli aforismi?
“Sicuramente. Ne riparleremo più avanti. Non c’è nessuna scadenza. Per ora continuo a nuotare nel grano”.

Lunedì, 20 luglio 2020

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