Sigilli all'impianto di lavorazione dei fanghi di Magomadas - LinkOristano
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Sigilli all’impianto di lavorazione dei fanghi di Magomadas

Provvedimento cautelativo richiesto dalla Procura di Oristano

Sigilli all’impianto di lavorazione dei fanghi di Magomadas
Provvedimento cautelativo richiesto dalla Procura di Oristano

E’ stato posto sotto sequestro l’impianto della società Geco che alla periferia di Magomadas lavora i fanghi degli impianti di depurazione e che è al centro di due indagini della magistratura e di fortissime polemiche, legate soprattutto agli odori nauseabondi registrati nella zona e accompagnati dalla fastidiosa presenza di insetti.

Il procuratore Ezio Domenico Basso

Contro l’impianto erano scesi in campo un comitato civico locale e il Consorzio per la malvasia, che avevano trovato il sostegno dell’ex parlamentare e leader del movimento Unidos Mauro Pili. Alcuni ricorsi presentati non avevano trovato, però, accoglimento. Poi qualche settimana fa una accelerazione nelle indagini con l’acquisizione di numerose testimonianze nella zona da parte degli agenti della Forestale e con l’arrivo anche della Guardia di finanza impegnata in alcuni accertamenti sull’impiego di contributi pubblici da parte di uno degli imprenditori coinvolti nell’iniziativa.

La Geco risponde. Nel pomeriggio la società Geco ha diffuso una nota stampa per commentare il provvedimento della magistratura.

“Prendiamo atto della decisione del Giudice che non condividiamo in quanto fondata su presupposti errati, superando anche provvedimenti giurisdizionali. Siamo sconcertati per ciò che è accaduto ad un anno dall’inizio delle attività di indagine, nonostante la nostra fattiva collaborazione. Certamente dimostreremo la perfetta legittimità della nostra attività così come delle autorizzazioni in essere”, ha detto Bonifacio Angius, della società Geco. “Vorremmo però ribadire che il nostro Ammendante Compostato con Fanghi non è un rifiuto. Il prodotto, infatti, risponde e rispetta i parametri e i criteri previsti dalla normativa vigente.

“Fa riflettere il fatto che nei confronti della nostra intrapresa si sia scatenata una tempesta mediatica e giudiziaria, spesso alimentata da interferenze esterne anche politiche, mentre nessuno sembra essersi accorto che la totalità dei fanghi prodotti in Sardegna non viene lavorata e recuperata ma sversata “tal quale” nei terreni agricoli secondo una discutibile pratica”.

“Rispetto alle emissioni odorigene”, si legge ancora nel comunicato, “ci sorprende che la magistratura prenda decisioni così drastiche affidandosi a discutibili singole osservazioni personali piuttosto che a rilievi e analisi a cui il nostro impianto viene periodicamente sottoposto da parte di enti terzi preposti che, per inciso, hanno sempre attestato la assoluta regolarità”.

“Da imprenditori non possiamo che prendere atto dell’ennesimo fallimento di un sistema, incerto e punitivo, che incomprensibilmente ostacola qualsiasi legittima iniziativa imprenditoriale, dispiace inoltre per i nostri operai e collaboratori che patiranno le incertezze conseguenti a tale provvedimento”.

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