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Anche l’ex arcivescovo tra i religiosi truffati in mezza Italia

Monsignor Paolo Atzei indotto a versare 4500 euro. Operazione dei carabinieri di Torino

Paolo Atzei

Anche l’ex arcivescovo tra i religiosi truffati in mezza Italia
Monsignor Paolo Atzei indotto a versare 4500 euro. Operazione dei carabinieri di Torino

L’ex arcivescovo di Sassari Paolo Atzei, francescano, ritiratosi da alcuni anni nel convento di Oristano, è una delle vittime del gruppo criminale che ha messo in essere truffe e raggiri a danno di religiosi di mezza Italia e che è stato scoperto dai carabinieri del comando provinciale di Torino.

A quanto si è appreso monsignor Atzei era stato contattato telefonicamente e indotto a versare 4.500 euro, perché, questa era stata la giustificazione, accreditati erroneamente nel suo conto corrente bancario. Quando l’ex arcivescovo si era accorto del raggiro non aveva potuto fare altro che presentare una denuncia.

Il religioso era cascato nella truffa ed aveva reso il denaro. Quando si è accorto del raggiro ha presentato una denuncia ai carabinieri.

Come lui tanti altri rappresentanti di istituti e comunità religiose da Roma a Palermo, da Bergamo a Foggia.

Il sistema di truffe ruotava intorno a una donna di 38 anni soprannominata “la zia”, orgogliosa di avere inventato un meccanismo che ha fruttato a un gruppo criminale radicato in tutta Italia almeno 400 mila euro.

Le vittime, di età compresa tra i 64 e gli 84 anni, scelte dopo un’attenta selezione, come detto, erano soprattutto suore, parroci, contattati al telefono dalla donna che, fingendosi una funzionaria comunale o regionale, li avvisava che era stato loro accreditato un contributo maggiore a quello dovuto, convincendoli a versare la differenza, da 2.000 a 16.500 euro, su carte postepay intestate a prestanome, che incassavano il 20% della cifra accreditata.

I carabinieri di Torino hanno identificato 12 persone, quattro finite in carcere e altre otto (i prestanome) sottoposte a obbligo di firma e divieto di dimora.

I casi di truffa accertati sono 86 ma i militari sospettano che possano essere molti di piú.

Come accertato nel corso delle indagini, coordinate dal pm Paolo Scafi, “la zia” (ora in carcere a Siracusa) è riuscita a creare una rete criminale composta da promoter e call center, abili a individuare e contattare le vittime.

A completare la “squadra” prestanomi e commercianti, che incassavano il denaro ricevendo in cambio una percentuale.

L’indagine è stata avviata dopo una denuncia di estorsione sporta dal titolare di un’autofficina, a cui il gruppo criminale aveva chiesto dei soldi prestati in precedenza al figlio tossicodipendente. Dalle successive intercettazioni, i carabinieri sono risaliti a “la zia” e agli altri componenti del gruppo, a cui sono stati sequestrati una decina di postepay, libretti postali, una ventina di cellulari e oltre 3mila euro in contanti, rinvenuti a casa di uno degli indagati.

Mercoledì, 22 marzo 2019

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