E a Pasqua nei vicoli della vecchia Oristano sfilano i “baballottus”, “cavalieri senza cavallo” - LinkOristano
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E a Pasqua nei vicoli della vecchia Oristano sfilano i “baballottus”, “cavalieri senza cavallo”

Un articolo di Beppe Meloni

E a Pasqua nei vicoli della vecchia Oristano sfilano i “baballottus”, “cavalieri senza cavallo”

di Beppe Meloni
Un’antica tradizione si rinnova puntuale ogni anno, con le processioni della Settimana Santa. Quando, per i vicoli e le stradine della vecchia Oristano, tra via Carmine, via Lamarmora, via Crispi sino alla chiesa di san Martino, compaiono ordinati in fila per due, uomini e donne, per ricordare i riti pasquali che non vogliono morire.

Delle confraternite del Rosario, il Nome di Gesù, Lo Spirito Santo e La Misericordia per citarne alcune, gli oristanesi hanno imparato ad amare e a salutare i personaggi più vivaci e caratteristici. Anonimi “cavalieri senza cavallo”, illuminati appena dai ceri accesi, che sfilano in numerose domeniche dell’anno in processione, stanchi e molto disordinati, Rosario stretto tra le mani. Chiusi in formazione dietro al pesante e antico stendardo, ai preziosi simulacri e alla Croce, sorretti da confratelli in odore di espiazione e non solo.

Volti e personaggi ritratti mirabilmente dalle abili mani dei pittori Giorgio Farris, Antonio Corriga , Carlo Contini, Augusto Biselli, Franco Bussu, Mauro Ferreri, che nella loro lunga carriera artistica si sono sempre ispirati agli avvenimenti più significativi della “piccola storia” di casa nostra.

Beppe Meloni

Senza dimenticare che tutta la coreografia che accompagnava le manifestazioni sacre includeva la Banda Musicale Santa Cecilia, il cui moto ripetuto dal direttore come un mantra ai suoi improvvisati orchestrali lungo il percorso della processione era l’indimenticabile “Piccioccus, ciccausu de acabai tottus in pari!”. Sistematicamente disatteso, visto che l’ordine d’inizio e fine dell’esecuzione musicale non era quasi mai sincronizzato, spesso condito da virtuosismi un po’ improvvisati e maldestri.

Al calare dell’oscurità, la processione si animava con la presenza di tanti confratelli, molti dei quali arrivavano stanchi dal lavoro e dopo una sosta a su tzilleri da Donato in via Parpaglia, con le facce difficilmente riconoscibili sotto i capelloni rossi, neri e azzurri delle divise sociali.

Le preghiere, infine, dove spiccava “Santa Maria mamma de Deus”, erano un corollario di strofe biascicate, in un sardo-latino maccheronico, che a malapena solo gli addetti ai lavori e i parenti più stretti riuscivano a capire. I tempi moderni hanno favorito anche in questo campo un rinnovamento salutare, di cori, preghiere e salmi ben recitati. Favorendo l’ingresso di nuove leve che si impegnano ogni giorno per la buona riuscita dei tradizionali riti religiosi pasquali. Perpetuando così la tradizione e rinnovando ancora una volta la fede cristiana.

Domenica, 14 aprile 2019

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