La Corona de Logu attacca: "A un anno dal grande incendio, ancora niente ristori per imprenditori e famiglie colpiti dal rogo" - LinkOristano
Cronaca

La Corona de Logu attacca: “A un anno dal grande incendio, ancora niente ristori per imprenditori e famiglie colpiti dal rogo”

La nota firmata dal presidente Maurizio Onnis

Vegetazione devastata - incendio Montiferru Planargia
La devastazione lasciata dall'incendio che ha colpito i boschi della zona del Montiferru e Planargia nel luglio 2021

Oristano

La nota del presidente Maurizio Onnis

I ritardi legati all’arrivo dei fondi per la ricostruzione dopo il grande incendio che un anno fa devastò Montiferru e Planargia, l’assegnazione delle terre incolte alle comunità locali per abbattere il rischio grandi roghi e le perplessità sugli interessi che si nascondono dietro gli appalti aerei antincendio. Sono solo alcune delle tematiche affrontate dalla Corona de Logu e dal suo presidente, il sindaco di Villanovaforru Maurizio Onnis, intervenuto sulla questione incendi, ricordando quanto accaduto la scorsa estate.

Di seguito la nota diffusa dalla Corona de Logu e firmata dal suo presidente Maurizio Onnis:

La Corona de Logu esprime solidarietà e vicinanza ai Comuni colpiti dal grande incendio del luglio 2021. A distanza di un anno, infatti, gli imprenditori e le famiglie non hanno ancora visto il becco di un quattrino. Non solo. Si sono dovute indebitare per portare avanti lavori indispensabili e propedeutici alla ripresa delle attività economiche.

Questo nonostante le amministrazioni interessate avessero chiesto ripetutamente una legge ad hoc, immediatamente dopo il disastro, affinché venissero accelerati i tempi relativi alle procedure di approvazione della stessa e si dessero immediate risposte ai territori colpiti, alla cittadinanza, alle aziende. Nelle emergenze la tempestività è tutto. L’autonomismo di governo ha scelto, invece, di inserire l’intervento all’interno del provvedimento “Omnibus”, dando all’azione amministrativa un incomprensibile carattere di ordinarietà.

Se a questo si aggiunge il recente rincaro dei mangimi, delle sementi, dei carburanti – esiti, questi, del conflitto russo-ucraino e della delocalizzazione economica –, si comprende come il quotidiano di un lavoratore agricolo medio diventi realmente insostenibile.

Le risorse per i cantieri forestali – invocate, ad esempio, a gran voce da tutto il Montiferru politico, subito dopo le fiamme – sono state accreditate ai Comuni solo nel mese di marzo del 2022, in primavera. Cioè nel periodo dell’anno in cui le attività di manutenzione del bosco (taglio, bruciature) si chiudono. Perché in Sardegna il periodo silvano termina il 31 di marzo. Ne consegue che gli interventi sul patrimonio boschivo e a difesa dal rischio idrogeologico prenderanno forma e sostanza verosimilmente il prossimo autunno. Se quest’estate, poi, qualche rogo infernale minaccerà (come già sta succedendo) nuovamente i nostri paesi, ci sarà sempre un sindaco da impiccare sulla pubblica piazza. È questa la triste verità che nessuno ha il coraggio di affermare.

L’amministrazione comunale di Scano di Montiferro – che aderisce alla Corona de Logu – ha sollecitato in diverse occasioni la Regione autonoma affinché istituisse in tempi brevi la banca sarda della terra, per individuare e assegnare le terre incolte alle cooperative di comunità e agli imprenditori agricoli interessati. Nonostante sia sotto gli occhi di tutti che uno dei motivi principali della rapida propagazione del rogo del luglio 2021, della sua inaudita violenza, è stata l’assenza dell’uomo dai boschi e dalle montagne, nulla si è fatto riguardo, neppure aprire un accenno di dibattito sul tema. In Calabria, nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, tra il 2001 ed il 2007, è stato adottato un metodo di responsabilizzazione sociale, di riconoscimento territoriale che ha determinato una drastica riduzione delle aree percorse da incendi, pari all’80%. Tutto ciò attraverso un bando pubblico che affidava i 40mila ettari del parco ad associazioni e cooperative. Queste beneficiavano dell’erogazione di un contributo iniziale, calcolato in base all’estensione e alla tipologia del terreno da condurre. Alla scadenza del contratto veniva poi concesso un ulteriore finanziamento solo a condizione che gli ettari eventualmente bruciati non superassero l’1 % della superficie data in gestione. Perché non mutuare dalle esperienze positive e virtuose?

Come si può poi parlare oggi di allevamento nel bosco se attualmente il premio PAC va a diminuire in base alla percentuale di copertura forestale del fondo, considerata come una superficie improduttiva, come una tara, un elemento invalidante? È un incentivo a vivere la montagna, questo? Eppure in Spagna e Portogallo, paesi membri dell’Unione Europea, si è ideato il sistema agrosilvopastorale Dehesa e Montado, caratterizzato dall’impiego di razze animali tradizionali a bassa intensità di allevamento, con un utilizzo razionale delle componenti arboree. In questo contesto, perfettamente assimilabile al milieu del nostro pascolo arborato, gli alberi sono una ricchezza, un elemento produttivo fondamentale. Qui da noi, invece, l’allevatore è stato cacciato dalle alture con vincoli e regole incomprensibili che hanno vilipeso il suo know-how millenario, fondato sulla prassi, sull’esperienza. Se in Sardegna abbiamo boschi centenari lo dobbiamo all’umile e assiduo lavoro di questi custodi dell’identità. Non dimentichiamolo.

Anche quest’estate la montagna incomberà minacciosa sui nostri paesi. Quella stessa montagna che per secoli ha rappresentato la storia, l’identità culturale ed economica della ruralità sarda, oggi, si mostra nemica. Schizofrenie di un sistema produttivo eterodiretto, lontano dalle nostre corde, che ha gettato via, con disprezzo, anni di costruzione economica e sociale del popolo sardo, lasciando unicamente il deserto.

La radice profonda di questa regressione antropica dalle aree montane è squisitamente di natura politica. Manca il progetto, scarseggiano le grandi aspirazioni. Dai grandi roghi degli anni ’90 ad oggi non è cambiato nulla. Stesse paure, stesso senso d’impotenza. Assume altresì una lampante connotazione programmatica e di governance la strutturazione attuale del servizio aereo antincendio, di vitale importanza nell’attività di contrasto ai roghi estesi, di grosse dimensioni.

Tuttavia, se un canadair in azione costa 12.850 euro all’ora e un elicottero 2.350, se gli appalti in questione sono milionari e gestiti dai privati, in che modo l’interesse pubblico può essere realmente garantito a fronte dell’inevitabile desiderio di profitto da parte delle multinazionali del fuoco? Perché la Regione sarda ha incrementato le risorse dell’appalto aereo antincendio del 36%, dai 10,6 milioni del periodo 2018-2020 ai 14,5 del 2021-2023? Possiamo pensare ad un modello di servizio antincendio aereo commisto, pubblico e privato, dove la prima componente – preponderante – vigila e tutela il diritto collettivo contro le spinte speculative dei privati?

La Corona de Logu si propone come punto di sintesi e di elaborazione critica delle istanze provenienti dalla campagna sarda, in questo momento piagata da roghi e cavallette e tradita dall’assenza delle istituzioni di governo.

Mercoledì, 29 giugno 2022

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