Cagliari
Particolare attenzione per le donne detenute, in grande difficoltà
Una lettera indirizzata alla ministra della Giustizia Marta Cartabia per denunciare ancora una volta le carenze del sistema carcerario sardo, a partire dall’assenza di un provveditore, di direttori, vice-direttori e di funzionari giuridici pedagogici, fino ad arrivare ai disagi dei detenuti e allo “spopolamento” delle case di reclusione all’aperto. A scriverla è stata la socia fondatrice di Socialismo Diritti Riforme, Maria Grazia Caligaris, da anni impegnata con un grande lavoro di volontariato nell’opera di aiuto alla popolazione carceraria e agli operatori del settore.
“Il sistema penitenziario sardo”, evidenzia l’esponente di Sdr, “non è utile alla società, non è in grado di svolgere il ruolo che la Costituzione, l’ordinamento penitenziario e la sua riforma gli hanno assegnato. In Sardegna non c’è un provveditore da sei mesi, ci sono tre direttori stabili per 10 istituti (altri due sono a scavalco, uno arriva da Busto Arsizio; l’altra da Rebibbia), non ci sono vice-direttori, i funzionari giuridici pedagogici sono insufficienti (38 su 54) e nella casa circondariale di Cagliari, con una media di reclusi (compresi una cinquantina di alta sicurezza) pari a circa 550/600, sono soltanto cinque. Del tutto inadeguato negli istituti il numero di agenti e comandanti, senza contare che gli amministrativi sono agli sgoccioli e un unico ragioniere deve curare diversi istituti”.
La missiva è stata consegnata brevi manu all’esponente del Governo Draghi da don Ettore Cannavera, durante l’incontro nella comunità “La Collina” di Serdiana.
“Devo sottolineare che i detenuti sardi sono 1.000”, prosegue ancora Caligaris, “gli altri 1.000 provengono dalla Penisola, compresi detenuti di alta sicurezza non solo a Cagliari ma anche a Tempio, a Oristano, a Sassari e a Badu ‘e Carros. A Bancali 93 ristretti con il regime di massima sicurezza e poco meno di una decina a Nuoro. In Sardegna c’è un patrimonio paesaggistico-ambientale-culturale dato in prestito al Ministero della Giustizia per le case di reclusione all’aperto di Isili, Mamone-Onanì e Is Arenas. Oltre 6.000 ettari che, in teoria, sono destinati a ospitare e dare lavoro a 600 persone, ma attualmente sono impiegati solo 230 detenuti, la maggioranza stranieri. Uno spreco. Qualunque azienda in queste condizioni avrebbe già fallito da molto tempo. Il Ministero deve porre fine a questo scempio altrimenti interloquire con gli amministratori locali e promuovere e sostenere cooperative sociali in grado di accogliere i detenuti e costruire con loro un futuro”.
“Nelle nostre carceri”, ricorda l’esponente di Sdr, “ci sono una trentina di donne o poco più. Private di tutto. Per loro non c’è formazione, non c’è lavoro di qualità, non c’è un futuro che possa aiutarle a ritrovare una strada sicura. La loro vita è segnata dalla rassegnazione e dalla prospettiva di ritornare a ciò che conoscono meglio: sopravvivere. Gli istituti sardi traboccano di persone con gravi disturbi psichici. L’unica Rems con 16 posti non basta ed è sempre occupata da detenuti di altre regioni. Nella casa circondariale di Cagliari, per esempio, ci sono tre persone tra i 33 e i 50 anni, dichiarate incompatibili, costrette a restare dietro le sbarre perché non ci sono posti nella Rems e neppure una casa protetta. Non è accettabile”, conclude Caligaris, “trattenere malati psichiatrici e/o tossicodipendenti in un luogo che non può offrire interventi personalizzati. I volontari che conoscono questo sistema non hanno strumenti oltre alla parola, ma il più delle volte non può bastare e purtroppo gli atti di autolesionismo sono quotidiani e talvolta portano alla tragedia. Confidiamo nella sua determinazione a lasciare un segno significativo”.
Mercoledì, 29 giugno 2022
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