Mario Sanna, il medico di tutti: da Bosa un omaggio commosso a 50 anni dalla morte - LinkOristano
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Mario Sanna, il medico di tutti: da Bosa un omaggio commosso a 50 anni dalla morte

Un incontro per ricordare un professionista generoso e amato in tutta la Planargia

Mario Sanna
Il dottor Mario Sanna

Bosa

Un incontro per ricordare un professionista generoso e amato in tutta la Planargia

A cinquanta anni dalla morte, domani – 27 maggio – il Comune di Bosa ricorderà la figura di Mario Sanna, ex ufficiale sanitario della cittadina, meglio conosciuto come “il medico di tutti”. Dalle 17, in un incontro nella sala consiliare di piazza Carmine, la vita e  tanti aneddoti su un professionista tanto amato non solo a Bosa e Tresnuraghes, suo paese adottivo, ma in tutta la Planargia. Parleranno di Mario Sanna alcune personalità locali del mondo della cultura e della medicina.

A coordinare il confronto, presieduto dal sindaco Pierfranco Casula,  sarà Anthony Muroni, presidente della Fondazione Mont’e Prama. Presenti anche le figlie di Mario Sanna: Maria, Angela e Renza. E di certo con loro ci saranno anche numerosi ex piccoli pazienti del dottor Sanna, oggi tutti con i capelli bianchi. 

Di seguito l’efficace ricordo – tracciato dalla figlia Maria – di un uomo che sarà per sempre ricordato come un medico di straordinaria competenza ma anche di grande cultura e generosità.


Mario Sanna era nato a Ghilarza il 25 agosto 1911, dal sindiese Francesco Michele Sanna, cancelliere della pretura, e da Angela Marras di Tresnuraghes. Famiglia borghese, benestante, molto attenta all’istruzione dei figli, cosa rara in una società contadina dove, anche tra le persone agiate, si contavano moltissimi analfabeti.

A Ghilarza Mario aveva frequentato le elementari, per poi proseguire gli studi medi ad Oristano e quelli liceali a Cagliari, presso il mitico liceo Dettori, dove si era diplomato con il massimo dei voti. Rinunciò ad una borsa di studio per la Facoltà di matematica e fisica presso la Normale di Pisa: altro doveva essere il suo destino professionale. Inseguendo la sua vocazione, scelse Medicina, segnando in maniera indelebile quel corso di studi a Cagliari e finendo con l’essere citato in numerose pubblicazioni e ricordato con stima dai suoi colleghi e dai suoi docenti.

La laurea nel 1937, con il massimo dei voti e la pubblicazione della tesi sperimentale “Sui rapporti tra vitamina C e sistema endocrino”, discussa con il suo maestro prof. G. Macciotta e con due tesine con il prof. Brotzu e con il prof. Businco. Quindi la specializzazione in Pediatria e poi in Igiene.  

Per lui si aprivano  le porte per la carriera universitaria. Ma nonostante le ripetute insistenze del prof. Macciotta, che lo avrebbe voluto con sé, e che in un telegramma ai figli in occasione della sua morte dirà “… è stato uno dei miei migliori allievi”,  preferì fare il medico in mezzo alla gente.

 Fu medico interino ed ufficiale sanitario, lavorando dall’aprile al giugno del 1938 a Narbolia, dal giugno al febbraio del 1940 a Bortigali, dall’aprile del 1940 all’aprile del 1941 nel consorzio sanitario dei comuni di Mandas e Gesico. E già in questi suoi esordi, in una Sardegna povera ed arretrata, ebbe modo di prodigarsi in quella  professione che sentiva sempre più come una missione.

Francesco Alziator, scrivendo sull’Unione Sarda del 7 novembre 1940 di un suo viaggio a Mandas, avverte l’esigenza di testimoniare il suo apprezzamento per il lavoro di un giovane medico: ”… e se lo spazio me lo concederà vorrei chiudere con la lode all’opera che svolge il medico chirurgo dottor Sanna, nativo di Tresnuraghes, opera che supera i limiti del dovere professionale ed entra nel campo dell’apostolato; opera di saggezza, d’indefesso lavoro e di bontà”. 

Lo scoppio della seconda guerra mondiale e la mobilitazione generale imposero il richiamo alle armi di centinaia di migliaia di uomini. Fra di loro, Mario Sanna, comandato con il grado di sottotenente medico all’81ª Artiglieria, di stanza a Portoscuso dal 1941 al 1944. Anni nei quali si occupò anche dei prigionieri di guerra ospitati nel campo vicino al quartiere generale del battaglione, utilizzando un cavallo come mezzo di trasporto. Durante un bombardamento, mentre galoppava per raggiungere il campo di prigionia sotto il fuoco nemico, cadde, fratturandosi una spalla: un atto che gli valse la croce di guerra.

Insomma, svolgeva la sua opera anche in quel tragicissimo scenario, senza risparmiarsi né curarsi troppo della sua vita. Al termine del conflitto, fu medico interino e ufficiale sanitario, fino al febbraio 1945, a Terralba, tappa intermedia verso il luogo in cui si sarebbe svolta la parte principale della sua vita e della sua esperienza medica. Giunse a Bosa in quello stesso febbraio ’45,  medico condotto fino a tutto il 1946, poi ufficiale sanitario interino fino al 1956, e infine ufficiale sanitario vincitore di concorso fino alla sua morte, avvenuta il 29 aprile 1972.

Innamorato della sua professione, non smise mai di studiare e di aggiornarsi attraverso la quotidiana lettura ed soprattutto attraverso le pubblicazioni e le riviste scientifiche che gli giungevano anche dall’estero. Appassionato di lingue classiche, citava a memoria interi brani in originale di numerosi autori greci e latini. Fra i suoi libri, oltre i testi di medicina,  abbondavano testi classici di autori latini, greci e italiani oltre la Bibbia e i fioretti di San Francesco che tenne sul comodino fino alla morte.

Oltre diecimila persone contava Bosa in quel lontano e problematico 1945 e le risorse alimentari non erano ancora sufficienti per tutti, mentre tornavano i soldati di un esercito tradito e sconfitto e si attendeva il rientro di tanti prigionieri dai campi alleati del nord Africa e dell’America. Diecimila anime in uno scenario urbano, che era essenzialmente quello dell’attuale centro storico, con problemi igienico sanitari più volte denunciati dai responsabili medici ma di difficile soluzione perché collegati al clima, agli acquitrini malarici.

Una città povera di strutture e caratterizzata da quartieri antichi dove le case già vecchie erano ancora prive dei più elementari servizi ed in cui un esercito di bambini scalzi, mal nutriti e peggio vestiti affrontava la scommessa per la vita con malattie antiche che si diffondevano nel contagio favorito dalla vita promiscua di famiglie numerose in ambienti ristretti e malsani.

In questa realtà Mario Sanna fu operatore di sanità ed educatore sociale, sentendo forte su di sé la responsabilità non solo di curare le persone ma di rimuovere le ragioni profonde ed antiche dei mali e, purtroppo, dell’abitudine a subirli passivamente. In quel dopoguerra tanto impegnativo per tutti, fu protagonista del risveglio culturale di una città narcotizzata, concorrendo ad avviare e realizzare un’ampia serie di interventi di promozione della persona, collaborando fattivamente con le organizzazioni laiche e religiose, seguendo da vicino tutti i suoi pazienti, insegnando il rispetto per la medicina, per l’igiene personale e per i luoghi di vita.

Fin dall’avvio della sua attività ambulatoriale, presso l’Istituto del Cottolengo, assistito da suor Margherita, suora cottolenghina, aveva instaurato un rapporto personalissimo con i suoi pazienti, affascinati dalla sua estrema disponibilità. In una situazione socio economica molto degradata le persone, tante volte, non cercavano solo il medico ma, spesso,  un padre, un fratello, un confessore, un arbitro di controversie, un conciliatore.  Conquistò  la fiducia della gente oltre che con la sua professionalità, con l’autorevolezza del suo comportamento: aperto, sincero, rigoroso a volte apparentemente rude, sempre franco.

La sua dedizione non aveva orari e non aveva riserve, non faceva distinzioni di censo e molto spesso di fronte a situazioni di grave indigenza non esitava ad aprire il suo portafoglio o ad inviare alla amatissima moglie Raffaella Bisi una ricetta bianca con l’elenco di beni primari da consegnare al “latore della presente”.

Il numero dei pazienti aumentava continuamente fino a superare in poco tempo quello di qualunque altro medico che esercitava nella città,  e il merito di questo successo erano la preparazione, l’umanità e la gratuità che saranno sempre le direttrici sia della sua appassionata vita professionale che della sua vita familiare.

Un feeling tutto particolare lo aveva con i bambini e particolare attenzione riservava soprattutto ai figli di famiglie povere e disagiate .

Affrontò in prima persona la battaglia contro il tracoma, facendo aprire uno specifico ambulatorio e seguendo i piccoli ammalati fino alla guarigione.

La sua attività di medico pediatra instancabile e grande promotore di sviluppo sociale lo vide protagonista nell’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia, in cui svolse un’opera straordinaria a favore della difesa della maternità aiutando le ragazze madri, istruendo le donne sull’assistenza ai neonati, seguendo la crescita dei bambini e divenendo un preciso punto di riferimento per le famiglie nelle loro necessità anche materiali, occupandosi oltre che della salute anche della loro crescita sociale. Istituì consultori pediatrici oltre che a Bosa anche nei paesi di Montresta, Suni, Sindia, Tresnuraghes, Scano Montiferro e Cuglieri, che visitava settimanalmente. Questa sua opera gli meritò il riconoscimento della medaglia d’argento per i venticinque anni di attività.

Membro del consiglio pastorale, importante fu il suo impegno anche in relazione alla organizzazione di colonie estive marine e montane, gestite dalla Pontificia Opera di Assistenza, per le quali curò le tabelle alimentari adeguate e talvolta personalizzate, intervenendo anche sulla direzione affinché le classi fossero studiate così da mettere insieme bambini di estrazioni sociali diverse, perché quelli più umili e diseducati all’igiene traessero giovamento dall’esempio degli altri e perché non si sentissero quelli emarginati e questi privilegiati, e tutti insieme, nell’essere bambini, superassero le rigide distinzioni sociali così sentite dagli adulti in quella Bosa di allora. 

Sentiva prioritario il problema del risanamento urbano come passaggio essenziale per l’eliminazione di quella stessa emarginazione sociale e delle cause di malattie gravi e defedanti, primo fra tutti il risanamento di “Sa Costa”, quartiere medievale adagiato sulla collina sotto il Castello Malaspina, abitato dalle famiglie più povere, privo di fognature, con case malsane sovraffollate che molto spesso avevano come pareti la roccia viva che d’inverno trasudava acqua. 

Si fece carico di questo problema studiando un primo piano di risanamento e stilando una relazione nella quale, evidenziando i gravi problemi socio sanitari, suggeriva all’amministrazione comunale un programma per la possibile soluzione.

Fu il medico del Seminario vescovile, allora frequentato da tanti ragazzi dai dieci ai tredici anni, che provenivano da tutti i paesi della Diocesi di Bosa e a cui riservava non solo le sue prestazioni sanitarie ma anche le cure quasi paterne, comprendendo i loro disagi per la lontananza dalle famiglie.

Nello svolgimento della sua professione medica, ma soprattutto pediatrica, ebbe particolarmente a cuore i bambini che erano seguiti nell’Istituto Puggioni e alla Sacra Famiglia, dove venivano ospitati orfani o provenienti da famiglie disagiate.

Il suo impegno professionale rivolto alla salute fisica e alla crescita socio-psichica dei bambini volle che nell’istituto del Cottolengo, dove venivano accolte persone con gravissime patologie, fosse istituito un reparto specifico per i bambini con anche l’istituzione di classi di istruzione elementare, prima di riuscire, grazie anche al suo ruolo di medico scolastico, a inserirli nelle aule della scuola pubblica.

Seguì anche la Casa di riposo, allora ospitata nell’ex Convento dei Cappuccini, e così come aveva grande attenzione per la vita che nasceva, ne aveva altrettanta per gli anziani e i vecchi cui dedicava attenzioni soprattutto umane, convinto del fatto che, quando la medicina non può fare più niente per alleviare le solitudini e le malattie della ultima parte della vita, molto possono le attenzioni e le cure quasi parentali. Agli anziani ma soprattutto a quelli che sapeva più soli aveva da sempre dedicato la domenica, durante la quale faceva le visite domiciliari agli ammalati più gravi e agli abbandonati .

Oberato dall’immane peso di rispondere ai bisogni di quella umanità sofferente in una città lontana da strutture ospedaliere, si adoperò per riuscire a realizzare un suo grande sogno: un ospedale a Bosa! Nei primi anni sessanta questo suo sogno potè finalmente realizzarsi con anche, qualche anno dopo, l’apertura di un piccolo reparto di pediatria.

Ventisette anni: questo è stato il tempo della vita bosana di Mario Sanna. Anni intensi vissuti con l’obbligo morale di fare tutto il possibile e dando valore ad ogni singolo minuto. Ventisette anni di giornate senza fine diviso tra il suo lavoro, le varie iniziative che lo vedevano promotore e protagonista e la sua famiglia. Così lo ricorda G.B. Columbu, già deputato della Repubblica: “Per tutti era un medico ma anche un amico. Uomo di grande cultura, un liberale, rispettoso delle opinioni altrui, attento a considerarle e valutarle, aperto al confronto”.

In una pubblicazione curata dal giornalista  Antonio Naitana e voluta dal Comune di Bosa in occasione della dedicazione a lui della casa di riposo comunale, lo si definisce “il medico dei poveri”. In realtà  fu davvero medico di tutti, senza riserve, nessuno si è mai rivolto a lui senza essere  ascoltato e soprattutto i più poveri, certi che avrebbero avuto il massimo delle cure possibili senza spendere un soldo, e molto spesso ricevendo, in un periodo in cui non vi era nessun tipo di assistenza mutualistica, anche i medicinali necessari . 

Ha sessant’anni quando nel gennaio ’72 si ammala di un tumore che egli stesso si diagnosticò. Muore tre mesi dopo, lasciando di sé l’immagine di un medico colto, dotato di eccezionale senso clinico che ha esercitato la professione con la pietas del vero cristiano. Il giorno del suo funerale c’erano tutti a Tresnuraghes: migliaia da Bosa, da tutta la Planargia e da altre parti dell’isola a salutare per l’ultima volta il medico, l’operatore sociale, il consigliere, l’amico. 

Giovedì, 26 maggio 2022

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