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I Pastori sardi bocciano le modifiche al disciplinare di produzione del Pecorino Romano

Appello a cooperative e associazioni di categoria: "Dite no alle pecore da allevare in stalla"

Ghilarza - protesta pastori - Foto Comune
Una delle manifestazioni di protesta per il basso prezzo del latte, a Ghilarza due anni fa

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Appello a cooperative e associazioni di categoria: “Dite no alle pecore da allevare in stalla”

Solo pecore sarde e metodi di allevamento tradizionali per produrre il Pecorino Romano. I pastori sardi prendono posizione in vista dell’assemblea straordinaria del Consorzio del Pecorino Romano, che il 9 dicembre sarà chiamata a decidere su una modifica del disciplinare di produzione.

In concreto, la proposta in discussione prevede – assieme all’utilizzo di latte proveniente dagli areali storici (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto) – la possibilità di allevare in queste zone non più solo le razze autoctone, e con i sistemi tradizionali quale il pascolamento, ma anche le cosiddette “razze esogene”, che altro non sono che razze estere che garantiscono una maggiore produzione di latte ma si prestano esclusivamente ad un allevamento di carattere intensivo.

“Questa proposta, se approvata in assemblea, sarebbe la rovina dell’allevamento della pecora in Sardegna”, dicono Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi, che si fanno interpreti delle istanze di numerosi pastori sardi. “Come tutti sappiamo, il Pecorino Romano è la più importante DOP di latte ovino prodotta al mondo. Negli ultimi due anni, grazie anche all’eco creato a livello internazionale dalla famosa protesta dei pastori del febbraio 2019, ha raggiunto una notorietà impensabile. Le vendite hanno superato in maniera importante i quantitativi che prima venivano imposti dal vecchio piano di produzione, tant’è che la richiesta di tale prodotto ha spinto le quotazioni di vendita oltre i 10 euro al Kg”.

Secondo i pastori sardi, “nonostante il terrorismo dei vertici del Pecorino Romano, volumi e quotazioni sono aumentate anche senza il Piano di regolazione, che è stato bocciato dai pastori e che – come prevedevamo – serviva solo a consolidare le posizioni dominanti di alcuni, a scapito dell’intera filiera”. Dai pastori, accuse ad “alcune componenti che sembrano preoccupate da un Pecorino Romano venduto a tali cifre, che modifica il loro approccio tradizionale: vendo a poco, pago poco il latte, i pastori vanno in piazza e recuperano soldi pubblici”.

“Da qui inizia una serie di iniziative, a nostro avviso poco lungimiranti, che mirano a screditare la DOP del Pecorino Romano”, dicono ancora Sanna e Falchi. “Alcune componenti della filiera si inventano fantasiose profezie pur di remare contro. Evidentemente un formaggio venduto a tali prezzi a qualcuno non fa comodo. Giusto per far notare la gravità della situazione, basterebbe guardare oltre confine e constatare quanto è avvenuto in Spagna in tempi recenti. L’introduzione massiccia della pecora Assaf e la sua diffusione incontrollata attraverso incroci di sostituzione, con gli allevatori che si scambiavano gli arieti, stanno portando alla scomparsa delle razze locali e creando problemi alle DOP del formaggio”.

Secondo i pastori sardi, “si è cambiato rotta rispetto a una serie di eventi che avevano tracciato una linea completamente opposta. Le volontà espresse in precedenza, e che avevano avuto il consenso di tutti, vengono rimesse in discussione. Perché? Sarà che il prezzo del Romano attuale implica un forte adeguamento del prezzo del latte crudo e questo scenario”, chiedono polemicamente Sanna e Falchi, “non è gradito a chi detiene posizioni dominanti e pensa che bisogna tornare alla situazione precedente la protesta del 2019?”.

Da qui un “appello a tutti i presidenti delle cooperative, che vivono quasi esclusivamente sulla produzione di Pecorino Romano: ragionino come pastori, non lasciandosi corrompere dagli industriali, che come ormai accade da tanto tempo remano uniti nella direzione dei propri interessi, e – con il 40% del latte totale – oggi non solo riescono a fare cartello sul prezzo del latte, ma si sono impossessati delle 3 DOP attraverso le quali il latte ovino sardo dovrebbe trovare lustro”.

Appello esteso a “tutte le associazioni di categoria”, concludono Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi, “con la speranza che esercitino le azioni sindacali di loro competenza a difesa e tutela del mondo ovino della Sardegna. Purtroppo anche in questo caso stiamo assistendo ad una mancanza di assunzioni di responsabilità”.

Lunedì, 6 dicembre 2021

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