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Le antiche conce di Bosa e quel primato tra le aziende italiane

Preziosa testimonianza di archeologia industriale. Oggi un museo dedicato

Bosa conce

Le antiche conce di Bosa e quel primato tra le aziende italiane
Preziosa testimonianza di archeologia industriale. Oggi un museo dedicato

Chi mai penserebbe che sorseggiando una fresca malvasia seduti a un tavolino di un accogliente locale di Bosa, in riva al Temo, ci si trovi proprio di fronte a un monumento nazionale. Eppure è così. Quelle costruzioni alte e strette, alcune delle quali oggi ospitano eleganti ristoranti, sono le vecchie conce, sas conzas, come le chiamano qui. Un’importante testimonianza di archeologia industriale, una particolarità architettonica, tanto che il 17 ottobre 1989 un decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali ha dichiarato questi edifici, appunto, “monumento nazionale”.

Raccontano una pagina di storia del capoluogo della Planargia che va al lontano 1600 e che si affaccia da protagonista al proscenio dell’economia nazionale, due secoli fa.

I primi riscontri documentali di una certa rilevanza sono quelli contenuti nel Dizionario Angius-Casalis: nel 1834, vengono censite 28 conce. Poi un ridimensionamento della realtà produttiva e le conce nel 1887 si riducono a 15. I manufatti commercializzati, comunque, sono di alta qualità e ne è la conferma la medaglia di bronzo ottenuta all’Esposizione Nazionale di Torino dalla ditta Mocci-Marras che vinse nel 1896.

Negli anni ’20, per le conce di Bosa nuovo impulso, grazie alle prime tecnologie industriali e una presenza anche più forte dei mercati: quelli italiani, e quelli stranieri, a cominciare dalla Francia, dove i prodotti in pelle lavorati in riva al Temo trovano collocazione. Arriva anche un altro importante riconoscimento: la medaglia d’oro nella Fiera Internazionale di Roma del 1924 attribuita alle famiglie Sanna – Mocci e Solinas – Ledda che gestiscono affermate attività di conceria.

Per quasi un secolo, tra ottocento e novecento, Bosa è stata la capitale delle concerie in Italia. Nota per la produzione della cosiddetta “vacchetta”, ottenuta dalle pelli bovine. Poi il lento declino. L’ultima concia cessa di produrre nel 1960. Gli edifici vengono abbandonati e trasformati in magazzini e depositi. Per anni vi trova casa anche il prestigioso Circolo canottieri Sannio con le sue barche e i suoi campioni.

Grazie soprattutto alla tutela del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, a fine anni ottanta comincia un graduale recupero. Le vecchie conce vengono cedute. Diversi privati mettono in atto importanti interventi di ristrutturazione. Alcune ospitano addirittura eleganti residenze, altre esercizi pubblici. Oggi il processo di recupero è quasi completato.

Le conce di Bosa

Le conce. Sorgono sulla riva sinistra del fiume Temo e non a caso: l’acqua era l’elemento essenziale per la lavorazione delle pelli. Vennero edificate utilizzando la tradizionale trachite rossa di Bosa, fango e calce. La struttura della copertura è in legno ed è abbinata ai tradizionali coppi che rivestono i due spioventi. La tipologia della costruzione richiama quella degli edifici del quartiere storico della cittadina: stabili che si sviluppano soprattutto in altezza e hanno perlopiù due o tre piani. Al piano terra delle vecchie conce si trovavano vasconi e presse utilizzati per conciare, lavorare e colorare le pelli. Ai piani superiori il lavoro di finitura.

Il museo. Una delle conce risalente al 1700 ospita attualmente il Museo delle conce, realizzato grazie a un progetto voluto dall’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Augusto Brigas e a cui lavoro l’allora assessore Anna Maria Piroddi.
Al piano terra si può camminare su una superficie vetrata posta sui vecchi vasconi e comprendere bene i meccanismi di lavorazione. Al piano superiore sono esposti macchinari, pannelli, fotografie, materiali provenienti dalla famiglia Sanna, già titolare di alcune conce, che aiutano il visitatore a comprendere questa realtà produttiva. Il museo è gestito dalla  società Tacs, che ha in carico anche gli altri musei cittadini: Casa Deriu, Raccolta Melkiorre Melis e Pinacoteca Antonio Atza.

Qui si possono trovare le informazioni utili per una visita

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Sabato, 26 settembre 2020

(Questa pagina è realizzata in collaborazione con l’Assessorato al turismo della Regione Sardegna)

 

 

 

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