Nel regno delle tartarughe: alla scoperta dell'Oasi di Seu - LinkOristano
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Nel regno delle tartarughe: alla scoperta dell’Oasi di Seu

Sul litorale di Cabras un tesoro naturalistico

Nel regno delle tartarughe: alla scoperta dell’Oasi di Seu
Sul litorale di Cabras un tesoro naturalistico

Tartaruga nell’oasi di Seu

A dare il benvenuto è una piccola tartaruga: avanza lentamente sino a nascondersi sotto una palma nana. Eccola l’Oasi di Seu, una perla che brilla nel ricco tesoro naturalistico del Sinis. Poco più di cento ettari (115 per la precisione) sul litorale di Cabras, all’interno dell’Area marina protetta Sinis – Mal di ventre: il verde della macchia mediterannea, l’azzurro del mare, il bianco della spiaggia di quarzo. Negli anni ottanta era un’oasi del WWF, ora è tornata in mano ai privati,  ai quali il Comune l’aveva espropriata e l’aveva poi dovuta restituire dopo una delicata battaglia legale. Ma l’accesso è consentito, compatibilmente alla fruizione del litorale, e dunque la visita può cominciare.

Si entra dopo aver percorso una delle strade sterrate provenienti dalla località costiera di Funtana Meiga, oppure dall’altra località sul litorale, Maimoni. A far da cicerone Dario Cossu, per anni il delegato dal WWF, quale responsabile dell’Oasi di Seu. Ex sindaco di Cabras, un passato da professore di storia e filosofia nei licei di Oristano, è uno dei maggiori  conoscitori di questo territorio. In mano ha un quadernetto giallo. “E’ una piccola guida”, racconta, “l’avevamo realizzata proprio quando c’era l’oasi del WWF, grazie alla collaborazione di alcuni esperti: Bruno Paliaga, Raimondo Zucca, Giovanni Pitti, Renato Melis, Mena Manca, Mario Mascia e Mariano Pinna”.

La Torre di Seu – Foto di Marta Mereu per Linkoristano

Da dove si comincia? Dalla storia di questo compendio che una volta era abitato. Sicuramente ci vissero i nuragici tra il 1500 e il 100 a.c. Poi i cartaginesi, che da Tharros si addentrarono nell’entroterra e qui aprirono le cave di arenaria. Dopo di loro i romani, che probabilmente diedero vita a un nucleo urbano, come testimoniano l’iscrizione di un’antica tomba e i resti di laterizi e ceramiche d’epoca. In epoca bizantina, invece, la zona si spopolò e solo nel XVI secolo con gli spagnoli venne edificata la “torre del sevo”, da cui “turr’e seu”, utilizzata fino alla seconda metà dell’ottocento, quando il re Vittorio Emanuele II decretò la fine dell’intero sistema di difesa delle torri costiere. Alta poco meno di dieci metri, svetta su una piccola falesia e ora rischia di crollare. Il Comune di Cabras più volte ne ha chiesto il recupero al Demanio, a cui appartiene. Oggi è inaccessibile, ma è simbolo del compendio di Seu, che il secolo scorso divenne una riserva di caccia di don Efisio Carta, il padrone degli stagni di Cabras, rapito proprio in queste terre nel 1978 e mai più tornato a casa.

“Sarebbe una gran bella cosa se si riuscisse a trovare un accordo con gli eredi perché il compendio potesse essere acquisito da un ente pubblico e tornasse a essere a tutti gli effetti un’oasi”, auspica ancora Dario Cossu, che, come detto,  fu il responsabile dell’oasi di Seu affidata al WWF quando gli anni scorsi fu espropriato, prima che i giudici lo restituissero ai proprietari attuali. Un auspicio condiviso dal sindaco di Cabras Andrea Abis. L’oasi di Seu, infatti,  è una meta privilegiata per chi ama le escursioni o usa la mountain bike e per chi fa snorkeling e immersioni. Ha persino un suo microclima, con inverni miti.

Turre Seu – Foto Consorzio Costa del Sinis

Proseguendo la visita e respirando a pieni polmoni, si scoprono via via le sue ricchezze ambientali: il profumo del rosmarino, quello del lentisco e dell’elicriso ne sono testimonianza.

Nell’oasi di Seu sono state censite trecento specie vegetali, distribuite nella macchia mediterranea e negli spazi meno verdi, comprese le dune e la spiaggia. Un ambiente che ospita un variegato insieme zoologico, messo sotto tutela anche dal riconoscimento del 2006 della Regione che ha classifica il compendio di Seu quale “area di notevole interesse faunistico”. Le tartarughe sono le padrone di casa con conigli, lepri, ricci e volpi. Poi i tanti volatili: dal falco della regina all’airone cinerino; dalla pernice sarda al gabbiano reale. Li si può ammirare da terra, ma alcuni anche dal mare. L’oasi di Seu, infatti, è meta di bagnanti e diportisti. L’Area marina protetta Sinis – Mal di ventre, quest’estate,  ha portato a una quindicina i gavitelli che si possono utilizzare per attraccare di fronte al compendio. E l’Area marina dispone a terra anche di un Centro esperienze, il vecchio Centro visite. “Lo utilizziamo per iniziative specifiche”, spiega il direttore dell’Area marina protetta Sinis – Mal di ventre, Massimo Marras. “Ma cercheremo un soggetto che lo possa gestire tutto l’anno”.

Dove mangiare e dormire nel Sinis.

Sabato, 19 settembre 2020

(Questa pagina è realizzata in collaborazione con l’Assessorato al turismo della Regione Sardegna)

 

 

 

 

 

 

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