Ucciso per poche centinaia di euro e poi buttato nel lago Omodeo - LinkOristano
Prima categoria

Ucciso per poche centinaia di euro e poi buttato nel lago Omodeo

Le ultime drammatiche ore di Manuele Careddu, il giovane assassinato da quattro suoi coetanei di Abbasanta e Ghilarza

Arrestati Ghilarza Omicio

Ucciso per poche centinaia di euro e poi buttato nel lago Omodeo
Le ultime drammatiche ore di Manuele Careddu, il giovane assassinato da quattro suoi coetanei di Abbasanta e Ghilarza

Tre dei cinque fermati dai carabinieri – Foto Carabinieri Oristano

Lo hanno ucciso per poche centinaia di euro e poi lo hanno buttato nelle acque del lago Omodeo. Manuele Careddu probabilmente è morto la stessa sera dell’11 settembre scorso, quando del giovane diciottenne di Macomer si erano perse le tracce nella stazione ferroviaria di Abbasanta. Cosa sia successo dopo essere sceso dal pullman col quale era arrivato lo ha raccontato in parte questa mattina il procuratore della repubblica di Oristano Ezio Domenico Basso, in una conferenza stampa che ha dato conto del fermo di quattro giovani avvenuto ieri mattina ai quali nella notte se ne è aggiunto un quinto, quello di Riccardo Carta, ventenne di Ghilarza. E’ accusato del concorso nell’omicidio pluriaggravato con occultamento di cadavere del quale devono rispondere Christian Fodde e Matteo Satta, ventenni di Ghilarza, una giovane diciassettenne, residente ad Abbasanta, e un altro diciassettenne residente, invece, a Ghilarza.

Un gruppo di amici protagonisti di questa drammatica e sconcertante vicenda che per il contesto e le modalità in cui è avvenuta ha lasciato “esterrefatti” persino gli inquirenti, come ha dichiarato il procuratore Basso, affiancato stamane dal comandante provinciale dei carabinieri di Oristano Domenico Cristaldi, dal comandante del reparto operativo David Egidi e dal responsabile del nucleo informativo Mariano Lai.

Una vicenda che carabinieri e magistrati quasi hanno potuto seguire come in uno sconvolgente film, perché l’auto usata dai giovani per portare a compimento il loro progetto omicida era intercettata e dunque i loro dialoghi sono stati tutti registrati. A cominciare da quella sera dell’11 settembre, appunto.

Manuele Careddu arriva ad Abbasanta, convinto di poter incassare le poche centinaia di euro che i suoi conoscenti di Abbasanta e Ghilarza gli dovevano per forniture di marijuana non pagate. Ma ecco la prima sorpresa. I soldi li avrà, però, dovrà andare a fare l’incasso fuori dal paese. Viene quindi invitato a salire in macchina e comincia il viaggio verso le sponde del lago Omodeo, verso la sua morte. All’arrivo i giovani scendono a terra. Trovano ad attenderli un’altra persona. Ciò che accade dopo è ancora da chiarire bene.

Secondo gli inquirenti Manuele Careddu potrebbe essere stato ucciso subito e il suo corpo buttato nel lago Omodeo. Non si esclude che il giovane di Macomer possa essere stato anche seviziato. Lo accerterà l’autopsia al momento in cui si troverà il corpo che ancora i carabinieri del Reparto Cacciatori di Sardegna stanno cercando. Ma qualcosa si può dedurre da alcuni dialoghi che danno conto della preparazione dell’omicidio. I giovani di Ghilarza e Abbasanta, infatti, non avevano lasciato nulla al caso. Avevamo messo in conto di dover uccidere Careddu e in auto avevano caricato anche “alcuni strumenti”, ha spiegato il procuratore Basso, ribadendo la volontà omicida dei fermati, quattro ragazzi, come tanti.

Per loro dopo quella sera la vita è proseguita come se nulla fosse accaduto. I carabinieri hanno impiegato un po’ a ricostruire i dialoghi in auto perché disturbati da vari rumori, ma quando hanno cominciato a seguirli più da vicino si sono accorti che continuavano con le loro abitudini: c’era chi andava a scuola, anche a Oristano. Chi faceva qualche lavoretto. Ci si vedeva e si stava insieme, come sempre. Convinti probabilmente di aver architettato alla perfezione il diabolico piano e di poter sfuggire alla giustizia. La sera dell’omicidio, tra l’altro, i giovani di Ghilarza e Abbasanta avevano consegnato i loro telefoni cellulari a un amico, per evitare il tracciamento degli spostamenti in auto. Ma non sapevano di quel microfono che ha consentito di registrare i loro dialoghi. I carabinieri lo avevano piazzato per intercettare il padre di uno dei fermati, nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio del servo pastore Mario Atzeni, avvenuto a S’Arenarzu, nelle campagne di Abbasanta, lo scorso anno. Da quei dialoghi registrati sembra emergere anche la presenza di una o due persone nelle vicinanze del luogo del delitto con possibili responsabilità. Particolare che gli inquirenti stanno cercando di chiarire.

“Nessuno degli arrestati ha dato una collaborazione piena alle indagini”, ha spiegato il procuratore Basso. “Ci sono solo alcune parziali dichiarazioni di ammissioni di colpe da parte di qualcuno di loro”.

Leggi anche Non si trova il corpo di Manu. Domani nel lago Omodeo tornano i sub

Gli inquirenti durante la conferenza stampa

Giovedì, 11 ottobre 2018

commenta