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In giro per il mondo con uno sguardo alla terra di Sardegna

A Oristano il film di Peter Marcias. La recensione di Marcello Atzeni

Peter Marcias Wang Bing

di Marcello Atzeni

Peter Marcias e Wang Bing

“Uno sguardo alla terra” (presentato anche a Oristano al cinema “ Ariston”) è l’ultimo lavoro del filmaker Peter Marcias. Prodotto da “ Capetown Film” con il supporto della “ Cineteca Sarda” e il sostegno della “Fondazione Sardegna Film Commission”, nonché di “Sardegna solidale”, è distribuito dall’Istituto Luce Cinecittà.

Un bellissimo documentario, in incubazione da alcuni anni. L’idea: quella di far vedere ai più grandi registi e documentaristi del mondo, “L’ultimo pugno di terra” di Fiorenzo Serra, il lavoro che la Regione sarda commissionò al regista per far capire ai sardi come si stesse passando da una società agropastorale a una, presunta, società simil-industriale. Opera che non piacque ai committenti , i quali consigliarono al cineasta di rivedere alcune cose. Ma questa è un’altra storia. E neanche simpatica.

Marcias e la troupe si spostano portandosi appresso “L’ultimo pugno di terra” (1965). Brillante Mendoza, Vincenzo Marra, Weng Bing, Claire Simon, Josè Luis Guerin, Mehrad Oskouei, Sahraa Karimi, Torner Heymann, sono i colleghi che giudicano la fatica di Serra. Dalle Filippine alla Cina, passando per Francia, Spagna e altre nazioni ancora.

Nel montaggio di Andrea Lotta, si susseguono le immagini girate dal regista turritano unite alle interviste ai cineasti coinvolti nel progetto Marcias. Ma anche altre, splendide, nuove immagini: su tutte le riprese fatte da un drone.

Quindi il contributo di Piera Detassis ( storica direttrice di “ Ciak”) e  soprattutto i ricordi di Manlio Brigaglia (scomparso nei giorni scorsi) che fu sceneggiatore assieme ad Antonio Pigliaru, Salvatore Mannuzzu e Giuseppe Pisanu, sotto la supervisione di Cesare Zavattini. Il ballo degli agnellini , è indiscutibilmente una trovata zavattiniana.

I registi, si diceva: parlano della grandiosità di Serra, ma anche dell’amore per il proprio lavoro. Alcuni di loro sono di estrazione contadina, primo fra tutti il cinese Weng Bing.

I volti dei sardi, che mezzo secolo fa abbandonano le campagne per cercare fortuna nelle città del continente e dell’estero, non sono poi diversi da quelli dei giovani d’oggi. In partenza per scovare uno stipendio.

Documentaristi un po’ antropologi, un po’ sociologi e un po’ ambientalisti. Un prezioso e costante lavoro di ricerca. E Marcias compie una ricerca nella ricerca. Un’idea inusuale.

La musica di Enzo Favata è la colonna sonora che lega tutti quanti. Caldissima e avvolgente come una coperta di lana delle nostre pecore.

Tra le cose più belle, la regista afghana Sahraa Karimi che visita Desulo e si fa vestire da una vecchia signora, con il costume del paese. In fondo, dice, ci somigliamo.

Struggente il racconto del regista israeliano Tomer Heymann: a Cagliari conosce un ragazzo palestinese che gli chiede di portare una lettera alla propria famiglia, a Gaza.

Si mescolano le immagini, i suoni, i colori e i volti.

Tutti siamo germogliati qui e pur avendo radici diverse, le affondiamo nella stessa terra. Che sia il primo o l’ultimo pugno non è importante. E’ importante darci almeno uno sguardo.

Mercoledì, 16 maggio 2018

 

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