Le prime fotografie delle antiche sepolture di Mont'e Prama - LinkOristano

Le prime fotografie delle antiche sepolture di Mont’e Prama

Dopo le statue dei Giganti, continuano le scoperte nella più grande necropoli della Sardegna

Le prime fotografie delle antiche sepolture di Mont’e Prama
Dopo le statue dei Giganti, continuano le scoperte nella più grande necropoli della Sardegna

La tomba aperta nei giorni scorsi nella necropoli di Mont'e Prama

La tomba

La necropoli di Mont’e Prama che ha restituito negli anni scorsi le ormai note statue dei Giganti, riprende forma ai piedi delle colline del Sinis di Cabras. Questo pomeriggio il direttore degli scavi, l’archeologo della sovrintendenza Alessandro Usai, ha presentato gli ultimi lavori svolti col riposizionamento delle lastre di copertura su parte delle cento sepolture, una delle quali invece è stata aperta proprio in questi giorni.

“Quella di Mont’e Prama si candida ad essere la più grande necropoli della Sardegna”, ha dichiarato Usai. A suo fianco anche il professor Raimondo Zucca, dell’Università di Sassari, che proprio il 12 ottobre del 1979 partecipò alla scoperta dell’insediamento di Mont’e Prama.

Lo scheletro ritrovato all'interno della tomba

Lo scheletro ritrovato all’interno della tomba

L’antropologa Ornella Fonzo dal canto suo ha illustrato la scoperta di uno scheletro nella tomba al momento oggetto di indagine. Lo scheletro fa presupporre che il corpo della persona sepolta fosse seduta all’interno del pozzetto, una particolarità tipica della necropoli di Mont’e Prama. Ancora il dottor Alessandro Usai ha rivelato, invece, l’origine nuragica del complesso oggetto di scavo a poche decine di metri dalle tombe.

L’attività di ricerca nell’area di Mont’e Prama potrebbe fermarsi a breve, per una pausa nei mesi invernali, e riprendere in primavera. E’ allo studio la possibilità di ricoprire temporaneamente il perimetro degli scavi con un apposito tessuto-non-tessuto, poi fermato con uno strato di ghiaia, successivamente di facile asportazione. Possibile anche l’impiego di pompe aspiranti per il drenaggio dell’acqua. In primavera, invece, gli scavi dovrebbero riprendere con le risorse ancora disponibili grazie ai risparmi nell’utilizzo dei fondi ministeriali e grazie al ritorno dei ricercatori dell’Università di Sassari, chiamati a lavorare a un progetto finanziato con un contributo della Fondazione Banco di Sardegna.

Giovedì, 15 ottobre 2015

 

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